La marcia promossa dallo Studentato internazionale di Rondine

Sarà l’imminente arrivo della Primavera o il nome che il piccolo borgo sulla Setteponti si porta addosso, ma ogni volta che sopraggiungo a Rondine, io penso alla pace. Certo, non è una colomba, ma quell’elegante uccello, vestito in frac, che migra lontano e ritorna con la stagione delle mimose mi fa sempre pensare alla concordia, ai conflitti nel mondo e a chi si adopera per costruire la pace.
Questo minuscolo villaggio medioevale di circa cento abitanti, protetto da un’ampia ansa dell’Arno e non troppo lontano dal ponte Buriano, che si dice fosse quello riprodotto da Leonardo nella sua Gioconda, si è nel tempo prodigato nella realizzazione di così tante azioni e iniziative da conquistarsi il titolo di “Cittadella della Pace”. Non solo, tre anni fa, fu addirittura candidato al Nobel.
Nel borgo, dal 1998, è nata un’organizzazione che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo. Il suo obiettivo è contribuire a un pianeta privo di scontri armati, in cui ogni persona possa avere gli strumenti per gestire socialmente e creativamente i conflitti in modo positivo. Il progetto che dà origine e ispirazione a Rondine è lo Studentato Internazionale, una esperienza di due anni attraverso la quale vengono accolti studenti che provenienti da località teatro di guerre, attuali o recenti, che si trovano così a condividere assieme il loro percorso formativo e scolastico. Nella stessa abitazione convivono dunque giovani ebrei e palestinesi, cattolici e musulmani, etiopici ed eritrei, ceceni e russi. Adesso russi e ucraini.
Rondine li aiuta a conoscere e a rapportarsi con quello che viene considerato il proprio nemico. I ragazzi scoprono così che la persona con la quale condividono il proprio percorso formativo diventa il loro più stretto interlocutore, un amico con cui dividono la camera, studiano e giocano assieme. Vengono accompagnati nella convivenza quotidiana attraverso un lavoro difficile ma sorprendente.
Un metodo innovativo, che prevede la rielaborazione degli stati del dolore e della rabbia prodotti dalla guerra, e che riesce a trasformare questa convivenza in un intreccio virtuoso creativo e umano.
Al termine del biennio, i giovani, proprio come le rondini, torneranno nei loro Paesi. Nel proprio contesto lavorativo e sociale ognuno di loro sarà “agente di cambiamento”: una vera e propria testimonianza del fatto che tutti i conflitti, da quelli politici a quelli familiari, si possono risolvere con le parole e non sparandosi.
Quante volte ho percorso questa salita per arrivare a questo villaggio, nella memoria corrono le immagini di iniziative con Liliana Segre, Noa, Alex Zanardi, Vandana Shiva.

Oggi, però, sul triste sfondo di una guerra aperta fra Russia e Ucraina, non siamo qua solamente per ascoltare le storie delle donne e degli uomini di pace, delle esperienze dei ragazzi di Rondine e dei loro mondi in guerra. Oggi siamo qui, in tantissimi, per portare anche la nostra testimonianza, la nostra convinzione che i conflitti si possano e si debbano risolvere con il dialogo, il negoziato e la diplomazia. Mai con le armi.
E così, aspettando di minuto in minuto questa notizia, penso… si, Rondine fa primavera.