Un documentario lungo 200 chilometri.
Niente ambulatorio ma un viaggio di libertà

Duecento chilometri a piedi in 9 giorni. Un cammino di crescita, tra fatica e divertimento, nei quali giovani autistici affrontano e imparano a gestire emozioni e difficoltà grazie a programmi abilitativi per sviluppare le competenze sociali.
Questo è “Sul Sentiero Blu”, documentario, passato anche per le sale, prodotto da Indyca con il sostegno di MIC e Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund (con una iniziativa lanciata dal Rotary International Distretto 2031) che parte da un progetto “Con-Tatto”, curato dalla Asl città di Torino e dal Centro Regionale per i disturbi dello spettro autistico in età adulta.
Occasione per riprendere il filo delle storie dell’universo dell’autismo, per abbattere pregiudizi e preconcetti che spesso circondano queste persone.
La troupe ha seguito un gruppo di ragazze e ragazzi autistici dalla partenza fino all’arrivo nella Città del Vaticano, raccontando il formarsi di nuove amicizie e di sentimenti e, soprattutto, di catturare i particolari più significativi di questi eccezionali ragazzi.
Un’immersione nel mondo dell’autismo per abbattere pregiudizi e preconcetti che spesso circondano queste persone, valorizzare le loro competenze e sensibilizzare lo spettatore di fronte queste importanti tematiche.

Roberto Keller è uno psichiatra, Responsabile del Centro Pilota della Regione Piemonte per i Disturbi dello spettro autistico in età adulta presso Asl Città di Torino, ma soprattutto è colui che ha voluto questo progetto.
“Con questo film cerchiamo di fare vedere le enormi potenzialità che ogni ragazzo/a autistico possiede, che poi sono le stesse di tutti i ragazzi: andare in giro con i propri amici lontano dalla famiglia e fare una sorta di viaggio di esplorazione e di avventura. A me interessava soprattutto avere l’opportunità di sviluppare abilità e competenze sociali fuori dai contesti ambulatoriali. Questi sono i prerequisiti per una eventuale attività lavorativa. E lo sono per chiunque. Quando lavoriamo su queste abilità sociali in ambulatorio, attraverso i nostri corsi di potenziamento cognitivo, le nozioni non vengono metabolizzate facilmente dall’individuo, non diventano trasformative.
Quindi quando abbiamo deciso di progettare il viaggio di Sentiero Blu e lo abbiamo pensato su tre piani.
1) una comunità di amici in cammino, tutti sullo stesso piano e per tutti la stessa fatica;
2) miglioramento delle competenze motorie per le persone autistiche (con una preparazione specifica e con l’aiuto di un preparatore atletico professionista)
3) insegnamento di abilità sociali in un contesto di vita reale.

“Con questo film abbiamo voluto
far vedere le enormi potenzialità che ogni ragazzo/a autistico possiede. Dare loro l’opportunità di sviluppare abilità Wsociali fuori dai contesti ambulatoriali.”

Il film è stato anche l’occasione per riportare all’attenzione generale la situazione delle migliaia di persone autistiche e delle loro famiglie.
“La situazione per le persone autistiche in Italia ha una doppia lettura: da un lato c’è una cornice legislativa molto vasta sull’autismo. Leggi che regolano competenze e indicano responsabilità; dall’altro questo enorme fardello normativo necessita però molti miglioramenti e soprattutto di un’applicazione più puntuale, in particolare sull’organizzazione dei servizi.
Quella che deve assolutamente essere sviluppata è una governance pubblica che definisca quali sono gli interventi fondamentali, con una diagnosi e presa in carico veramente precoci, e che preveda una continuazione dell’intervento anche in adolescenza e che arrivi all’età adulta, con la presenza di professionisti che guidino la famiglia verso la definizione del progetto individuale di vita. Serve una regia, un casemanager, qualcuno che conosca molto bene la persona autistica, la famiglia, il contesto reale e le potenzialità della persona.
Prendere questi aspetti legislativi e di renderli concreti costruendo delle reti reali.”

Gabriele Vacis, intellettuale, drammaturgo, docente, documentarista e sceneggiatore è il regista del film.
“Lavorare a questo progetto è stato fantastico. Ho una profonda passione per la diversità che apre mondi sconosciuti e imprevedibili. Di fronte ad un determinato fenomeno noi, che ci definiamo neurotipici, attiviamo risposte standard, in un range tutto sommato limitato. Ad esempio… io, più o meno, so cosa dirai tu di fronte ad un evento. Certo potrai essere più o meno spiritoso o arguto, ma sarai sempre dentro ad una prevedibilità convenzionale. Questo non accade con i ragazzi autistici. Ricordo che mentre filmavo Jimmy, Elisa e Francesco nei momenti della loro vita in viaggio, mi accorgevo che le loro reazioni agli eventi erano assolutamente imprevedibili, direi magiche”.

Come diventa attore un giovane autistico? “Il professor Keller dice che a questi ragazzi insegniamo a recitare, nel senso che, avendo loro bisogno di rapportarsi al mondo secondo i nostri canoni, imparano a farlo con metodologie di recitazione e, visto che sono piuttosto intelligenti, capiscono ciò che devono fare e lo fanno molto bene. Noi con il film abbiamo cercato di rubare una serie di questi momenti di libertà recitativa. Ricordo, ad esempio, Jmmy e i suoi movimenti, che noi definiamo stereotipie, ma che a mio giudizio sono una meravigliosa danza contemporanea”.
Vacis sottolinea insegnamenti e riflessioni durante la lavorazione: “montando il film e avendo l’opportunità di stare tanto tempo con i ragazzi e ripercorrere minuto dopo minuto questa avventura, mi sono trovato a pensare dove sarebbero stati questi ragazzi solo 40 anni fa. Probabilmente sarebbero stati chiusi in un istituto. Da una parte mi sono rincuorato riconoscendo i tanti progressi fatti, nello stesso tempo però mi sono subito posto la domanda: e adesso come si va avanti e soprattutto come non si torna indietro? Con il nostro film abbiamo cercato un equilibrio tra questi due sentimenti. Abbiamo fatto un documentario con ragazzi che non sono attori che interpretano personaggi autistici, ma che sono autistici”.
La reazione dei protagonisti a film concluso? “Uscendo dalla prima proiezione del film – ricorda vacis – uno dei ragazzi, Francesco, mi ha detto: il film mi è piaciuto molto, soprattutto penso di essere stato un bravo attore. E’ stato un momento illuminante e Francesco aveva tremendamente ragione. Lui ha sempre avuto ben presente di avere le telecamere addosso e di fatto ha fatto l’attore ma nello stesso tempo era Francesco il ragazzo autistico. L’arte è la medicina più efficace”.