Storie di genitori che sostengono i figli LGBTQIA+. Le attività dell’AGedO

Senza diritti non c’è democrazia e senza democrazia non c’è umanità.
Sembra uno slogan politico, invece è ciò che penso mentre ascolto la storia di Carla, medico, che rivela la sua omosessualità con un pianto liberatorio finito in abbraccio. Rosy e Nanni, suoi genitori, sono stati sereni da subito: “Non è una scelta, si nasce così. Ognuno deve essere libero di essere se stesso. Molte persone ci chiedono se ci vergogniamo, se ci disturba questo fatto. Che domande. Ci disturbano gli altri perché sentiamo il pericolo per nostra figlia. Abbiamo paura degli altri”.
Interviene Riccardo. “Però, prima di parlare con te, voglio sapere se hai visto The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca”.
Ambientato nell’America del XX secolo, il film di Lee Daniels fa un resoconto di oltre 30 anni di storia americana, raccontando la vera storia di Eugen Allen, afro-americano che ha lavorato alla Casa Bianca e servito come maggiordomo otto diversi presidenti, dagli Anni ’50 agli Anni ’80. Continua: “È soprattutto la storia del conflitto tra un padre e un figlio che hanno due visioni diametralmente opposte della realtà e del modo di lavorare. È un film eccezionale perché mostra la battaglia per i diritti portata avanti su due binari differenti e manda avanti le due facce della lotta. Nessuna delle due forme è sbagliata, tutte e due concorrono allo stesso obiettivo: affermarti per quello che sei, rivendicare la tua esistenza e lottare per vivere come una persona che ha dei diritti. Insomma, la mia vita”. Riccardo ha 33 anni e vive in provincia di Cagliari. Gesticola animatamente e le sue parole sono ponderate e taglienti; ha la sicurezza di chi ha impiegato del tempo per evolvere e togliere di dosso la corazza. Mi racconta di aver saputo fin da bambino di essere attratto dalle persone dello stesso sesso, ma credeva fosse qualcosa di passeggero, risolvibile. Durante le scuole superiori si rese conto che la verità fosse un’altra e non ne parlò con nessuno, tentando in tutti i modi di reprimere la sua natura. Riuscì con grande fatica a tenere sopiti e nascosti i suoi sentimenti fino a che, al primo anno di università, non ce la fece più. La realtà era decisamente più forte della volontà di nascondersi. Anni di duro lavoro di smantellamento di stereotipi e paure, fino a che riuscì a fare coming out. Prima con gli amici, poi con il fratello, infine, con i genitori.
“Lo so da quando aveva 9 anni. Me lo disse apertamente mentre giocava con alcuni amichetti; lo fece con un candore e una genuinità che ancora adesso ricordo con tenerezza!”. Chi parla è Nando, il sorridente papà di Riccardo.
“Molti genitori non accettano i propri figli e sperano sia per loro una fase transitoria. Molti sono addirittura convinti che sia un dispetto nei loro confronti… Io ho sempre saputo, ma ho voluto aspettare fosse lui ad ascoltarsi, capirsi, accettarsi e finalmente aprirsi”. Prende parola Marirosa Schiano Moriello, mamma di Riccardo e vicepresidente della sezione cagliaritana dell’A.Ge.do. (Associazione Nazionale di genitori, amici e parenti di omosessuali, bisessuali e transessuali, nata nel 1993 con sede legale a Torino e sede amministrativa nazionale a Milano) che si impegna per l’affermazione dei diritti civili e per l’affermazione del diritto all’identità personale delle persone LGBTQIA+.
“Vogliamo essere di sostegno a quei genitori che vivono con sofferenza l’omosessualità dei propri figli; per loro è difficile comprendere e accettare. Oltre a un supporto psicologico strutturato, noi dell’associazione ci offriamo come interlocutori perché abbiamo già vissuto e superato la situazione in cui si ritrovano e condividiamo con loro la nostra vicenda, nella speranza possa servire da esempio. È molto più facile essere capiti da chi ha vissuto le stesse esperienze. Quando si è soli, i problemi sembrano insormontabili”.
“I nostri figli, parte del mondo, non un mondo a parte”, è una frase stampata su una cartolina coloratissima che ho tra le mani.
Sono stati i ragazzi a iniziare tutto. Hanno voluto coinvolgere i genitori, facendoli incontrare nella loro sede ARC (abbreviazione di arcobaleno, arcu ‘e chelu e arc-en-ciel, simbolo internazionale dei movimenti omosessuali), l’Associazione sarda, culturale e di volontariato, nata nel 2002 a Cagliari, che difende e promuove i diritti della comunità LGBTQIA+ e combatte ogni forma di discriminazione delle persone omosessuali e transessuali, attraverso proprie iniziative pubbliche rivolte a tutti e aperte al territorio.
Il Pride, madre di tutte le manifestazioni politiche per l’accettazione sociale e l’auto-accettazione delle persone LGBTQIA+, e una serie di eventi culturali organizzati da tutte le associazioni che abbracciano la causa, sono lo strumento per continuare a portare avanti il messaggio del “non importa come ti senti, né come ti vesti, né come vuoi essere, tu esisti e hai il diritto di esistere”.
Il diritto di esistere, già.
Ricorda qualcosa?
A me sì.

“Vogliamo essere di sostegno
ai genitori che vivono con sofferenza l’omosessualità dei propri figli.
Quando si è soli, i problemi sembrano insormontabili.”

OMS: “una variante naturale del comportamento umano”

Italia: il lungo elenco di ingiustizie, violenze e abusi

L’Organizzazione mondiale della Sanità definisce l’omosessualità “una variante naturale del comportamento umano”, senza finora prendere posizione rispetto alla possibile causa di tale variabilità. Due italiani su quattro reputano che sia una malattia e che le relazioni, o i rapporti omosessuali, debbano essere criminalizzati. Il report annuale delle vittime di omofobia del 2021 dichiara che ci sono stati 191 casi, tra cui: 53 vittime di aggressione singola, 49 di aggressione plurime, 2 di omicidio, 5 di suicidio indotto di cui 2 salvate in extremis, 82 di atti quali aggressioni fisiche, verbali, minacce, ricatti e maltrattamenti da parte della polizia. Per strada, in ambito domestico, nei luoghi di battuage: una persona LGBTQIA+ su due ha subito almeno un episodio di omofobia nella propria vita. L’Italia risulta essere al 32esimo posto in Europa nella battaglia contro l’omo-bi-transfobia: un numero agghiacciante che deve suggerire, tra le priorità del nostro Paese, la possibilità di legiferare quanto prima in merito a questo problema, rinviato dalla maggioranza e dal governo, e che resta una questione ormai impossibile
da rimandare perché troppe storie tristi e tragiche sono ormai all’ordine del giorno. Una di queste, ad esempio, è quella vissuta da una coppia gay che, per coronare il sogno di andare a vivere insieme, a lungo ha cercato una casa, ma è stato negato l’affitto perché non rappresenta una coppia “tradizionale” e questo era un “problema insormontabile” per i proprietari dell’appartamento. Verona, anno 2022. Pesco a caso negli ultimi anni. Sperlonga. Giovane donna riceve pesanti apprezzamenti e insulti omofobi perché passeggia con la compagna.
Viene spintonata, gettata a terra e presa a calci. Salerno. Padre accoltella la figlia e la sua compagna perché non accetta la loro relazione.
Pisa. Coppia gay allontanata da uno stabilimento balneare perché: “Queste cose (un bacio) potete andare a farle nella spiaggia pubblica, non qui”. Genova. Due ragazze lesbiche minacciate da un’anziana armata di coltello. Alessandria. Una donna lesbica di 53 anni, già molestata più volte dal vicino di casa omofobo, viene fermata sulle scale e picchiata selvaggiamente. Sarzana. Trans uccisa nella sua auto. Il cadavere viene ritrovato in un torrente. Napoli. Anziana suora irrompe sul set fotografico in cui si stanno scattando foto di un bacio lesbico, separa a forza le due modelle e dà in escandescenze interrompendo i lavori. Catania. Quindicenne trans f>m si getta dal sesto piano, oppresso dal non poter esprimere la propria identità di genere. Bologna. Ragazzo riceve insulti omofobi e molestie sessuali a causa dell’abbigliamento
“eccessivamente femminile”. Biella. Cloe, l’ex insegnante di fisica, trans, che aveva avuto problemi a scuola per essersi presentata in panni femminili nel 2015, scrive una lettera d’addio e dà fuoco al camper in cui vive, uccidendosi. Costa Adriatica. Porpora Marcasciano, trans, consigliera comunale di Bologna, presidente onoraria del MIT (Movimento Identità Transessuale), offesa, insultata e minacciata con coltelli da cinque uomini mentre si trovava sulla spiaggia. Un elenco sconcertante di ingiustizie, violenze, abusi sulla persona, veri e propri crimini, becera intolleranza e profonda ignoranza.

L’omofobia viene equiparata dall’Unione Europea al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo e, nella maggior parte dei paesi occidentali, esistono leggi per contrastarla. Purtroppo, l’unico ambito in cui la legge italiana punisce formalmente le discriminazioni per orientamento sessuale è quello del lavoro. Il D.Lgs 216/2003 ha infatti recepito la Direttiva Europea Ce 78/2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro. Esiste, inoltre, l’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), un ente organico del Ministero dell’Interno italiano, ma non è sufficiente. Affrontare questo tema significa porsi dentro conflitti normativi e culturali che provocano fratture molto profonde. È necessario intraprendere percorsi istruttivi e psicologici di educazione alla diversità e al rispetto, tentando di superare il confronto con altri paesi occidentali e altri frame normativi che contribuiscono a consolidare l’idea di un “eccezionalismo italiano”, basato sul peso politico della Chiesa e sulle posizioni omofobe espresse dagli uomini delle istituzioni.

Articolo 3.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.