Una famiglia con 4 figli è fuggita dalla città Slov”jans’k ed è arrivata nella canonica di Papiano

Ina ha 38 anni. Il marito Vitaly 43. Vivevano a Slov”jans’k, una città ucraina del Donbass. Una famiglia come tante. Lui operaio in un’acciaieria, lei impegnata nel crescere 4 figli: Elisabet di 14 anni, Artiom di 12, Anton di 4 e la più piccola, Nadia, di soli 3 anni. La guerra l’avevano già conosciuta nel 2014 ma quella non li aveva strappati alla loro terra. Questa li ha fatti arrivare in Italia. Da profughi, senza conoscere la lingua, totalmente incerti sul futuro. Vivono nella canonica della parrocchia di Papiano, nel comune di Stia, in Toscana. Si occupano di loro don Gianni Marmorini e i volontari del Giardino di StiaVecchia. Le bombe, la polvere, le distruzioni sono lontane. Qui siamo nel cuore del Casentino: il santuario francescano della Verna e il Monastero di Camaldoli sono a pochi chilometri. Un altro mondo: un luogo di pace al posto di un luogo di guerra.
“Sentivamo le esplosioni delle bombe – ricorda Ina. La nostra zona non era stata colpita ma avevamo paura che la città venisse circondata. A quel punto non avremmo più avuto la possibilità di andare via. Quando la Chiesa della città ha organizzato la fuga verso la Polonia, noi abbiamo deciso di scappare. Troppo difficile resistere in quelle condizioni con 4 figli, di cui 2 ancora piccoli”.
Riescono ancora a comunicare con alcuni amici rimasti a Slov”jans’k: “stanno chiusi in casa, gli hanno detto di non uscire. Qualcuno è rimasto ferito: una bomba gli è esplosa nell’orto e lui è stato investito dallo spostamento d’aria”.
Ina e Vitaly cercano di immaginare e organizzare il loro futuro. Non parlano né italiano né inglese ma solo russo e ucraino. Stanno cercando di imparare non solo la lingua ma anche il modo di vivere in Italia. Per settimane hanno risparmiato su acqua e riscaldamento fino a quando il parroco è riuscito a capire cosa stava accadendo e gli ha detto di non farsi questi problemi.
“Abbiamo tante incertezze e paure – dice Ina. Quando finirà la guerra, cosa faremo noi domani, come manderemo i figli a scuola”? Parrocchia e associazione di volontariato stanno già impegnando maestre in pensione e hanno individuato un’interprete madre lingua. Stanno lavorando per l’inserimento scolastico dei due bambini più grandi. Elisabet fatica a dire cosa le manca di più: “le amiche, la scuola, la vita di prima”. Vitaly vuol lavorare: “qualsiasi lavoro”.
Quando si affacciano alla terrazza della canonica, vedono le colline e le montagne del Casentino. Bellissime ma non quanto la loro martoriata terra del Donbass.