Grazie alla determinazione di Gianluca Livi ci sono due squadre di calcio unificato all’interno dell’OlmoPonte Arezzo Santa Firmina A.S.D.: una sfida al football e alla vita

La vita, come il calcio, è una questione di velocità e di ritmo. Non tutti andiamo alla stessa velocità, non tutti abbiamo lo stesso ritmo. Ma quando la velocità aumenta e il ritmo diventa insostenibile c’è chi resta indietro, perché non ha gli strumenti adatti.
Gianluca Livi, tecnico federale dal 2008, ha una laurea triennale in Psicologia e il patentino Uefa B per allenare. Grazie all’Istituto di Agazzi ha conosciuto ed è venuto a contatto con il movimento Special Olympics, restando il calcio il suo sport d’elezione e di riferimento: con un passato nel Dante e nell’Arezzo, lasciando quando il football ha smesso di essere un gioco ed è diventato altro.
“Viviamo in un’epoca in cui l’inclusione è sulla bocca di tutti, ma nella pratica non c’è. Io, da sempre, mi sono interessato ai ragazzi con disabilità intellettiva e ho pensato che sarebbe stato bello creare una squadra che potesse allenarsi e giocare all’interno di un contesto e una struttura come tante altre, con le stesse opportunità che sono concesse ai ragazzi a sviluppo tipico”, sottolinea Gianluca Livi.
Un desiderio, un pallino, che è stato il pensiero fisso di Gianluca per una decina d’anni: “C’è voluto tanto prima di trovare una società sportiva disposta a darmi questa possibilità. La mia idea è stata quella di andare a scuola e trovare i ragazzi che volessero arricchire i
propri pomeriggi insieme con i compagni di classe, divertendosi e giocando a pallone, soprattutto per chi ha difficoltà a ritrovarsi con gli amici, per chi generalmente resta solo con altri tipi di attività. Volevo ricreare quella condizione che alla stessa età noi abbiamo avuto la fortuna di vivere”.
Così Livi ha pensato che la forma più vicina all’inclusione per i ragazzi con disabilità intellettiva fosse quella di una squadra che potesse allenarsi e giocare a calcio unificato: modello di sport orientato all’inclusione, appunto, tra persone disabili e non. La vera novità è che questo progetto è stato sposato in pieno da una società sportiva, l’OlmoPonte Arezzo Santa Firmina A.S.D., quando altrove sono associazioni, istituti e cooperative che chiedono ospitalità a una squadra, restando due mondi distinti, due bolle che non si toccano nemmeno.

“Perché la vera sfida è sempre la vita e il calcio uno strumento per renderla migliore”


“Abbiamo dato vita a due progetti, due squadre. Calcio Champagne è rivolta ai ragazzi dai 18 ai 26 anni, mentre Dream Team dagli 8 ai 14, età diverse ed esigenze diverse. Lo staff tecnico è lo stesso per entrambe. Ci sono io, l’allenatore dei portieri, Roberto Sorbini, il preparatore atletico, Riccardo Mendicino, e altri due allenatori tecnici, Giacomo Ravera e Niccolò Vencato. Attualmente sono una ventina i ragazzi
coinvolti”. Come spiega Gianluca il calcio è uno sport di squadra e di contatto, quindi per alcune persone con disabilità intellettiva può rappresentare un muro insuperabile: “La scommessa è scoprire se è veramente così e dai primi allenamenti che abbiamo fatto stanno venendo fuori cose molto interessanti. Il Calcio Champagne si allena il mercoledì e il Dream Team il venerdì”. Ovviamente una delle cose più difficili è stato spiegarlo ai genitori: “Questi due progetti sono in piedi grazie a Salvatore Di Bella ed Ernesto Piomboni, senza di loro non sarebbe stato possibile realizzarli – sottolinea Livi –. Sono loro che hanno concretizzato e dato forza alle mie idee. Per quanto riguarda i ragazzi dai 18 ai 26 anni è stato un successo fin dall’inizio, perché i genitori si sono resi conto dell’opportunità che veniva loro data e delle possibilità di inclusione che altrove non trovano. Con quelli dagli 8 ai 14 è stato importante spiegargli che questa non è una terapia né una sostituzione della stessa. Si tratta di una cosa nuova, sperimentale, innovativa. C’è stato bisogno di presentarsi e presentare tutto lo staff per spiegargli cosa vogliamo fare, per fargli comprendere che il calcio non è solo quello che vedono in televisione ma anche divertimento e spensieratezza, due elementi che spesso mancano nella vita di questi ragazzi, che hanno settimane piene di impegni, tra scuola e terapie. Qui non si tratta di raggiungere risultati sportivi, non è il nostro obiettivo, ma risultati ben più importanti”.

E poi c’è la realtà, lì dove Gianluca ha pensato troppo e dove il campo gli ha dato risposte incredibilmente positive: “Ho trovato più difficoltà fuori dal campo che dentro. Anzi, mi sono reso conto che ho adattato eccessivamente i metodi di allenamento, per scoprire che, alla fine, non ci sono tante differenze. Certo l’attenzione e le dinamiche possono essere diverse, ma i meccanismi sono gli stessi e i ragazzi seguono il gioco con grande naturalezza. Una volta finiti gli allenamenti, poi, ci sono i compleanni, le serate insieme e altri momenti di aggregazione che aiutano anche le famiglie”. Nel progetto si è inserito pure Francesco Graziani, il quale ha trovato il modo di avere i materiali per l’allenamento, dalla Fifa come dalla Uefa e dalla stessa Figc, e adesso sta organizzando un amichevole con la Fiorentina. Gli obiettivi principali di Gianluca Livi sono due: migliorare la vita delle persone con disabilità e offrire loro reali opportunità di inclusione sociale. “Permettere a questi ragazzi di raggiungere lo stato di adultità e di creare una rete sociale che dallo sport arrivi alla vita quotidiana e al mondo del lavoro, sperando che fioriscano sempre di più realtà come la nostra”. Perché la vera sfida è sempre la vita e il calcio uno strumento per renderla migliore.